Oggi, 6 marzo 2008, ricorre l’undicesimo anniversario del gemellaggio fra Torino e Gaza. Proprio in queste ore negli ospedali di quella città si tentano di salvare le vite dei feriti dai bombardamenti dell’esercito israeliano, nello sforzo di fermare l’incremento tragico del bilancio di morte di questa ennesima incursione aerea e di terra.
Le immagini, ancora una volta, hanno fatto il giro del mondo sul web e attraverso i circuiti televisivi: case distrutte, bambini in lacrime, cadaveri dilaniati raccolti per strada. Tutto questo in una città che da mesi soffre la mancanza di cibo, di acqua, di medicinali e carburante dovuta all’embargo del governo Olmert, che ha portato alla disperazione delle famiglie palestinesi e ai conseguenti disordini al confine con l’Egitto. Anche in questo caso, le immagini delle donne e delle madri che hanno sfondato le barriere poste al confine egiziano per avere accesso a generi alimentari di prima necessità hanno commosso il mondo intero.
Lei, invece, ha scelto il silenzio. Non una parola ha speso, signor Sindaco, per la strage di Gaza, dove già oltre 120 persone, tra cui molte donne e bambini, hanno perso la vita in poche ore; non una parola in questi mesi per l’embargo, per la crisi umanitaria che mette in ginocchio la vita economica e sociale della Striscia di Gaza. Lei ha scelto il silenzio anche perché quest’anno, in quanto membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione per il Libro di Torino, ha dato la sua convinta approvazione all’invito di Israele come ospite d’onore alla Fiera internazionale del libro. Evidentemente per lei è più importante l’alleanza strategica con Israele, con la sua economia – come mostra la decisione di inaugurare una camera torinese di commercio tutta votata a far fruttare gli scambi con questo alleato – rispetto alla pietà umana per le tante vittime delle politiche israeliane in Palestina.
Tuttavia, il gemellaggio tra Torino e Gaza è un fatto storico e istituzionale, e non è possibile ignorarlo. Questo rapporto tra le due città non dovrebbe essere una formalità, né si dovrebbe sacrificarne il significato sull’altare di un’alleanza politica, economica e militare tra Italia e Israele che tante torinesi e tanti torinesi non condividono, offesi nelle coscienze dalle atrocità insensate di cui ogni giorno ricevono notizia.
Il suo silenzio esprime dunque la parzialità interessata, la scelta politica precisa di approvare le azioni del più forte, non prendendo parola in favore del più debole. Nel voltarsi dall’altra parte di fronte ai drammi della guerra si esprime in modo vivido tutta la pochezza e debolezza della cultura politica che lei rappresenta.
L’Assemblea Free Palestine
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